venerdì 29 gennaio 2010

LA RIFORMA AGRARIA NEL BASSO MOLISE : UNA STORIA DIMENTICATA


(Il primo in alto a sinistra Nino Amoroso con il gruppo operativo della Direzione di Termoli dell'Ente riforma agraria nel Molise)

di NINO AMOROSO

Un percorso storico che negli anni diventa fermento culturale e sociale, ma che talvolta viene trascurato e quasi dimenticato dall’attualità e dall’esistenza delle nuove generazioni. Come è avvenuto in oltre mezzo secolo per la riforma agraria che dal 1951 ha interessato anche le terre del basso Molise, ponendo fine alle lotte contadine ed all’occupazione delle terre, con l’esproprio del latifondo per oltre seimila ettari nei comuni in provincia di Campobasso: Petacciato (ha 1010), Portocannone (30), Rotello (353), S.Giacomo degli Schiavoni (37), S.Croce di Magliano (414), S.Martino in Pensilis (754), Termoli (160), Ururi 12), Campomarino (2200), Guglionesi (285), Larino (240), Montecilfone ( 118), Montenero di Bisaccia (561) Palata (30).

La maggiore estensione di esproprio ha riguardato Ricciarelli Riccardo (1062); Battiloro Domenico (ha 1002); Piccirella Antonietta ed altri (589); Norante Domenico, Antonio e Maria (680); D’Avalos Carlo e Ferdinando (286); De Lisio Mariano (213);
I terreni espropriati vennero consegnati a 753 assegnatari con poderi da 5 a 8 ettari e con 293 quote da circa 2 ettari. Il 46% degli assegnatari erano braccianti salariati fissi, il 22% affittuari, il 14% coloni e mezzadri, il 10 % piccoli affittuari e il 5% operai e piccoli artigiani.
La legge di riforma aveva, infatti, interessato la zona collinare che degrada verso il mare Adriatico e non quella pedemontana, per mancanza di estese proprietà private e già frazionata in quote modeste nel 1806 dalla legge emanata da Gioacchino Murat, con l’assegnazione tra i cittadini di circa 60.000 ettari di demanio feudale e come - osservava G.M. Galanti - già verso la fine del 1700 «in molti comuni molisani vi è l’uso di ammettere le donne ugualmente che i maschi alle divisioni patrimoniali».

Quindi solo nel basso Molise, nei secoli, si è concentrata una elevata proprietà fondiaria in possesso di pochi, che lo scrittore molisano Francesco Jovine, già alla vigilia della riforma agraria, nel suo grande romanzo Le terre del Sacramento, rappresentò ai lettori il tema della gioventù povera molisana che viveva la sua condizione miserabile, mentre i terreni dell’antico feudo erano abbandonati.

L’attuazione della riforma agraria, per decisione coraggiosa e lungimirante del Governo nell’immediato dopoguerra e con le tensioni politiche dopo l’elezioni del 1948, venne affidata, con autonomia operativa e finanziaria, alla Sezione speciale Puglia, Lucania e Molise quale Ente di diritto pubblico, svincolato dalla burocrazia ministeriale, e con un gruppo di giovani e coraggiosi dirigenti che si sono formati sul campo, a diretto contatto con il mondo contadino (per il Molise a Termoli), e che sono stati guidati e coordinati dalla sede centrale di Bari da indimenticabili e storici direttori generali e docenti universitari quali Aldo RamadoroDaniele Prinzi, Decio Scardaccione e Girolamo Cappiello.

Personaggi di elevata professionalità, umanità e competenza e che restano anche nei miei sentimenti, con dedizione ed affetto, perchè ho avuto l’onore e la fortuna di operare con loro, in Molise e Puglia, per circa venti anni, ed essere stati artefici della realizzazione della più grande trasformazione della proprietà fondiaria nella storia italiana.
La riforma ha, infatti, offerto anche all’estero lo spettacolo di trasformazione umana e sociale, all’epoca unica al mondo. Come nel basso Molise, dove nel dopoguerra esistevano circa mille famiglie senza terra, il che in molte situazioni significava vivere allo stato brado, in abitazioni malsane spesso insieme al magro bestiame e non essere mai sicuri al mattino, di trovare il pane per alimentare la sera i propri figli. Altri, pur possedendo un misero pezzo di terra, trascorrevano la giornata a zappare una crosta coriacea, a grattarla più che a rivoltarla per ricavare quel poco di frumento o favetta, che era l’eterna alternativa del contadino molisano.

Non sarebbe bastato, dunque, poi che s’era posto all’attenzione del Governo De Gasperi il problema dei miseri contadini meridionali, disporre alla bell’è meglio, una spartizione del latifondo come era stato tentato in passato. Sottrarre, cioè, con un breve decreto, le terre ai baroni e con un decreto ancora più breve distribuirlo ai braccianti senza terra. Stavolta la terra doveva essere loro consegnata come ultimo atto di studi, valutazioni economiche e territoriali, operazioni finanziare, nuove case coloniche, attrezzi agricoli meccanici, bestiame, cooperative di servizi e valorizzazione dei prodotti agricoli, nonché sostegno economico alle famiglie degli assegnatari per i primi due anni dall’insediamento
L’Ente ha fatto tutto questo per quanto è stato possibile per le condizioni ambientali, culturali e politiche che negli anni cinquanta esistevano non solo in Molise, ma anche in zone più difficili nel mezzogiorno d’Italia. Ma, alcuni decenni non sono stati sufficienti per trasformare completamente l’indole primitiva del bracciante, diventato proprietario di vari ettari di terreno seminativo.
A molti, quasi a tutti, per non perdere la terra, casa, bestiame e grandi opere di trasformazione agraria e del territorio era ancora necessaria l’assistenza tecnica e finanziaria per completare la loro formazione, la coscienza di proprietari e di produttori, per orientarli sempre più verso i più moderni sistemi di coltivazione selezionata e di cooperazione, per inserirli nel mondo agricolo moderno e competitivo e nella struttura del mercato comune europeo.

Ma, nel 1976 l’Ente per la Riforma Fondiaria in Puglia, Lucania e Molise venne soppresso, le competenze trasferite alle Regioni e, quindi, sostituito anche in Molise dall’Ente regionale per lo sviluppo agricolo. Dopo di che la struttura della riforma agraria nel basso Molise venne trascurata ed affidata a un cosiddetto ‘’ufficio stralcio’’.
La produzione ottenuta dai poderi e quote assegnate non si è più sviluppata ed adeguata per sostenere le necessità delle famiglie con un numero crescente di figli, che solo in parte hanno trovato occupazione nello stabilimento Fiat di Termoli. Gli altri dopo anni di disoccupazione e quasi sempre insieme ai genitori se ne dovettero andare dal Molise, anche all’estero, come un tempo. Spesso abbandonando e rivendendo le case ed i poderi.

Fine della storia e di una grande epoca, che comunque ha trasformato la condizione civile e sociale nel mezzogiorno, anche se non ha rappresentato il trionfo economico dei contadini del sud d’Italia.

(nella foto il villaggio di Nuova Cliternia - Campomarino - della riforma agraria nel basso Molise)

Dell’aeroporto americano nel Molise (1944-1945) sopravvive solo la leggenda della MADONNA GRANDE

nei ricordi di Nino Amoroso

Quando si arriva in questa grande pianura, tornata verde e coltivata, il visitatore è curioso di sapere cosa è rimasto della grande avventura dell’aeroporto militare americano di Madonna Grande nella pianura tra Campomarino, il torrente Saccione quasi al confine con la provincia di Foggia e la costa del mare Adriatico. Niente, tranne i pochi reticolati e qualche vecchio pannello di ferro. Sono scomparsi i colori squillanti, allegri, infantili che somigliavano tanto all’America; il giallo dei carri-botte, il rosso delle pompe elettriche, il blu delle lunghe condutture di benzina ai lati delle piste. Scomparso anche tutto quello spreco di vernici chiassose, così affini all’anima degli americani e che da sole durante la seconda guerra mondiale facevano distinguere le loro piste di atterraggio. Era un susseguirsi di campi illuminati, di avvisi multicolori, frecce verdi, blu e rosse: tutta quella eccitazione quasi cittadina che accresceva nei militari negri, nei trafficanti, nelle ragazze, la febbre di vivere senza regole.
Il lungo e popolato aeroporto come d’improvviso era sorto, così’ si è spento: le dune sono tornate dune, con la sabbia del litorale non più levigata dai corpi belli e brutti di tante ragazze sulle quali scendevano, quasi rasentandole, i piloti galanti ed eccitati dell’aviazione americana di ritorno dai soccorsi ai partigiani in Jugoslavia.

Quando il tramonto si spegne nella pianura di Ramitelli brillano solo le larghe macchie gialle e verdi dei girasoli in fiore, vigneti e coltivazioni di ortaggi e barbabietole da zucchero. Oltre ai colori, resta, però, la leggenda dell’aeroporto di Madonna Grande ancora viva nella memoria degli abitanti di Campomarino, dove negli anni Cinquanta in parte del territorio è stata realizzata la riforma agraria.
Ma, è anche per i soldati negri, per la prima volta nella zona, che il ricordo è abbastanza insolito: la paura per i loro eccessi specie se ubriachi e, con benevolenza, la loro natura affettuosa. Tutto sommato il bene che se ne diceva supera il male e le donne ricordano la loro follia amorosa e la devozione per le donne bianche.
La fama di quelle follie si diffuse per la penisola appena liberata dall’esercito alleato, perciò è verosimile che a Madonna Grande siano arrivate, con le prostitute, anche ragazze decise ad arricchirsi donandosi agli aviatori americani – spesso negri e molto generosi in danaro - che aspettavano al margine della strada, quando le ‘’jeeps’’ si arrestavano di botto e questi ragazzi neri gemevano ai loro piedi con in mano tanti dollari. Da qual momento pur di avere un rapporto erano disposti a rubare non solo i copertoni e l’auto, ma anche un pezzo di aereo prima che la ‘’military police’’ li arrestasse.

Della grande avventura sono rimasti anche tanti figli, spesso color cioccolata, di cui nessuno ha mai conosciuto la loro destinazione, se non qualche anziana signora con figlio mulatto, che si aggirava in questi luoghi con nostalgia, ma forse anche con tanto dolore per una gioventù bruciata probabilmente alla ricerca di un effimero benessere.

venerdì 8 gennaio 2010

Biografia Nino AMOROSO


Giornalista, dirigente del settore informazioni, stampa e pubbliche relazioni della Regione Molise per oltre 25 anni.
Iscritto all'Ordine dei giornalisti di Roma dal 1952, è stato presidente dell'Associazione della stampa di Campobasso, di cui è stato uno dei fondatori nel 1948.
Consigliere nazionale e componente del Comitato esecutivo dell'Ordine dei Giornalisti, vicePresidente dell'Associazione dei Giornalisti europei e del Gruppo uffici stampa, Consigliere di amministrazione dell'Istituto nazionale per la previdenza ai giornalisti (Inpgi). Già corrispondente dal Molise dell'agenzia giornalistica Ansa e del "Corriere della Sera", "Il Giorno", "Il Messaggero", "Il Momento", "The Associated Press", "Il Globo", collabora con importanti quotidiani e periodici.
Ha diretto i periodici Il Coltivatore molisano e Agricoltura molisana e la rivista Archivio storico molisano.
È stato eletto dai Giornalisti italiani nei più importanti incarichi in rappresentanza della categoria: Consigliere e componente della giunta esecutiva della Federazione nazionale della stampa italiana, vicePresidente dell'Associazione della Stampa romana, componente del Comitato di redazione dell'Agenzia Ansa, Segretario generale e quindi vicePresidente dell'Associazione nazionale della stampa agricola. Nelle elezioni del Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti di Roma (2007) è stato eletto uno dei tre componenti del Collegio dei revisori, riconfermato nel 2010. 
Negli anni cinquanta è stato protagonista della realizzazione della riforma agraria nel Mezzogiorno, quale dirigente dell'Ente per la riforma fondiaria in Puglia, Lucania e Molise.
È stato capo ufficio stampa del Ministro dell'Agricoltura Giacomo Sedati e Presidente del Comitato regionale radiotelevisivo. Ha ricevuto il premio per la cultura dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il premio Francesco Jovine per inchieste e servizi sui problemi meridionali.
Insignito motu proprio dell'onorificenza di Commendatore dal Presidente della Repubblica per meriti giornalistici.
Ha pubblicato: Colonne di piombo (1963); L'agricoltura molisana oggi (1964); Storia del Giornalismo (1967); Il Pubblicista e le nuove frontiere dell'informazione (1988), in collaborazione con altri autori, tra cui Giovanni Spadolini e Giuseppe Morello.

mercoledì 6 gennaio 2010

CAMPITELLO MATESE (Molise)

SOGNO E REALTA DELLA STAZIONE SCIISTICA MOLISANA

di Nino Amoroso

(foto: Attilio Capparelli e Nino Amoroso)

In un pomeriggio primaverile degli anni ’60, quando ancora un leggero manto di neve colorava di bianco i canaloni di Monte Miletto, con Franco Ciampitti ed altri amici si passeggiava sul grande pianoro, fantasticando lunghe e affollate piste da sci da realizzare sui monti del Matese. Franco Ciampitti anche come Presidente dell’Ente Provinciale per il turismo di Campobasso, era impegnato da una vita per realizzare il grande progetto della stazione turistica invernale di Campitello Matese. Un sogno che nei suoi occhi “s’illuminava d’immenso” nello splendore dei tramonti meravigliosi.

Monografia sul Matese di Nino Amoroso e Attilio Capparelli


(Il Tempo di Roma, 14 marzo 1968)

IL MATESE
REALTA’ E PROSPETTIVE DELLA SUA VALORIZZAZIONE
AGRO – SILVO – ZOOTECNICA E TURISTICA

INTRODUZIONE
Il concorso bandito dalla CESI avente come tema la valorizzazione turistica delle zone Matesine, ha risvegliato in noi speranze sopite, ma giammai abbandonate, affetti dell’inguaribile male della montagna accentuato dal fatto che nel caso specifico la montagna è di casa nostra, abbiamo considerato il bando di concorso come l’indispensabile inizio di un’azione di valorizzazione concreta e globale del Matese.

La nostra esperienza, infatti, ci consente di ricordare frequenti fiammate di paglia in merito a tale problema che, però, è stato sempre sistematicamente accantonato nello stesso momento in cui aveva termine la discussione, per essere riesumata in una successiva, propizia occasione.

A nostro parere l’accademia che fino ad oggi si è fatta su tale importante e vitale problema che interessa l’economia di una larga fascia del Mezzogiorno ed in modo particolare quella della Campania e del Molise, è da attribuire al fatto che non si è mai avuto cura di impostare la discussione su argomenti di base già predisposti, che ne consentissero l’avvio su linee realistiche.

Gli argomenti di volta in volta in discussione (quasi sempre turismo e sua importanza) sono sempre stati considerati indipendenti l’uno dall’altro e nella fallace prospettiva di far tutto, cercando di avviarne a soluzione qualcuno, senza tener conto dell’assoluta necessità di considerarli nel loro insieme coordinati ed interdipendenti. Infatti è assurdo pensare di programmare per il turismo in una zona vergine dove poco o nulla e, non raramente, male, è stato fatto in quasi tutti gli altri settori economici.

Nei nostri frequenti sogni ad occhi aperti ci è piaciuta la visione di un prossimo futuro della nostra montagna brulicante di automezzi nelle belle vallate, animate da festosi e vocianti gruppi di turisti impegnati negli sport invernali od intenti a riplasmare le loro forze esauste dal lavoro di un anno. Ed i portieri gallonati di accoglienti alberghi e le chiassose comitive giovanili ed il noioso urlo dei juke-box e l’assordante propaganda per lo spettacolo del giorno, ecc. ecc.



Tutto ciò però è solo possibile dopo che si è attuata una lunga serie di altre importanti realizzazioni rappresentate dalle strade comode e spaziose, da acquedotti, elettrodi, da una razionalizzazione dell’attività agricola e forestale, da un migliorato tenore di vita delle popolazioni montane.

Una recente visione della zona dei Pirenei le cui balze sistemate ed ordinate geometricamente in pascoli rigogliosi per meravigliosi bovini, le linde baite, che facevano corona a civettuoli centri residenziali montani, accessibili a tutti, ci hanno fatto comprendere che ciò non è impossibile per la nostra zona solo che ci sia la decisa volontà di fare, coordinando sapientemente gli interventi.

Ed è ciò senza dire delle meravigliose realizzazioni nelle zone montane più fortunate del nostro paese. Indubbiamente benemerita, quindi, l’azione della CESI alla quale ci sforzeremo di fornire ogni e possibile informazione atta ad avviare la realizzazione del programma di valorizzazione globale del Matese.

Non presumiamo certo di indicare la strada più giusta od il sistema più adeguato per rimuovere gli ostacoli; rimane comunque la buona volontà da parte nostra di aver dato senza risparmio quello che avevamo.


IL MATESE NEI SUOI ASPETTI STORICI

Monografia sul Matese

Sono ben 63 le pagine che compongono questa monografia, di cui ho dato solo un breve riassunto. L’indice è, in effetti, il seguente:

Indice

- Introduzione
- Il Matese, aspetti geografici, economici, prodotti dell’agricoltura e della silvicoltura, allevamenti, industrie, viabilità, acque
- Turismo, realtà e prospettive
- Turismo, attività industriale
- Ruralità e turismo in montagna
- Necessità di una efficiente organizzazione per la valorizzazione del Matese
- Il Matese, montagna di Napoli
- Direttive per la valorizzazione globale del Matese, Legislazione
- Appendice . Il turismo del Molise: possibilità di sviluppo, itinerario turistico
- Bibliografia


Nino Amoroso