mercoledì 6 gennaio 2010

Monografia sul Matese di Nino Amoroso e Attilio Capparelli


(Il Tempo di Roma, 14 marzo 1968)

IL MATESE
REALTA’ E PROSPETTIVE DELLA SUA VALORIZZAZIONE
AGRO – SILVO – ZOOTECNICA E TURISTICA

INTRODUZIONE
Il concorso bandito dalla CESI avente come tema la valorizzazione turistica delle zone Matesine, ha risvegliato in noi speranze sopite, ma giammai abbandonate, affetti dell’inguaribile male della montagna accentuato dal fatto che nel caso specifico la montagna è di casa nostra, abbiamo considerato il bando di concorso come l’indispensabile inizio di un’azione di valorizzazione concreta e globale del Matese.

La nostra esperienza, infatti, ci consente di ricordare frequenti fiammate di paglia in merito a tale problema che, però, è stato sempre sistematicamente accantonato nello stesso momento in cui aveva termine la discussione, per essere riesumata in una successiva, propizia occasione.

A nostro parere l’accademia che fino ad oggi si è fatta su tale importante e vitale problema che interessa l’economia di una larga fascia del Mezzogiorno ed in modo particolare quella della Campania e del Molise, è da attribuire al fatto che non si è mai avuto cura di impostare la discussione su argomenti di base già predisposti, che ne consentissero l’avvio su linee realistiche.

Gli argomenti di volta in volta in discussione (quasi sempre turismo e sua importanza) sono sempre stati considerati indipendenti l’uno dall’altro e nella fallace prospettiva di far tutto, cercando di avviarne a soluzione qualcuno, senza tener conto dell’assoluta necessità di considerarli nel loro insieme coordinati ed interdipendenti. Infatti è assurdo pensare di programmare per il turismo in una zona vergine dove poco o nulla e, non raramente, male, è stato fatto in quasi tutti gli altri settori economici.

Nei nostri frequenti sogni ad occhi aperti ci è piaciuta la visione di un prossimo futuro della nostra montagna brulicante di automezzi nelle belle vallate, animate da festosi e vocianti gruppi di turisti impegnati negli sport invernali od intenti a riplasmare le loro forze esauste dal lavoro di un anno. Ed i portieri gallonati di accoglienti alberghi e le chiassose comitive giovanili ed il noioso urlo dei juke-box e l’assordante propaganda per lo spettacolo del giorno, ecc. ecc.



Tutto ciò però è solo possibile dopo che si è attuata una lunga serie di altre importanti realizzazioni rappresentate dalle strade comode e spaziose, da acquedotti, elettrodi, da una razionalizzazione dell’attività agricola e forestale, da un migliorato tenore di vita delle popolazioni montane.

Una recente visione della zona dei Pirenei le cui balze sistemate ed ordinate geometricamente in pascoli rigogliosi per meravigliosi bovini, le linde baite, che facevano corona a civettuoli centri residenziali montani, accessibili a tutti, ci hanno fatto comprendere che ciò non è impossibile per la nostra zona solo che ci sia la decisa volontà di fare, coordinando sapientemente gli interventi.

Ed è ciò senza dire delle meravigliose realizzazioni nelle zone montane più fortunate del nostro paese. Indubbiamente benemerita, quindi, l’azione della CESI alla quale ci sforzeremo di fornire ogni e possibile informazione atta ad avviare la realizzazione del programma di valorizzazione globale del Matese.

Non presumiamo certo di indicare la strada più giusta od il sistema più adeguato per rimuovere gli ostacoli; rimane comunque la buona volontà da parte nostra di aver dato senza risparmio quello che avevamo.


IL MATESE NEI SUOI ASPETTI STORICI

Gli alberi di faggio e di castagno, le rocce, le limpide acque ed i fili di erba ed i fiori che nascono sui prati deserti del nostro Matese, sono dei nostri anni o degli anni lontanissimi quando la terra cominciava a placare il suo fuoco e nascevano le montagne e per la prima volta da una ferita nella rupe sgorgava l’acqua come da una arteria un limpido, miracoloso sangue?

Tra gli alti picchi ed i freschi pascoli di questa suggestiva catena montana, i miti di Campania e Sannio avevano il loro grembo arcano, qui si attuarono le avventure primordiali della stirpe, le lunghe battaglie contro la natura ed a fianco di essa, i primi passi in agricoltura, le prima case su palafitte. La vita silenziosa di quegli anni remoti è tuttavia palpitante nel nostro cuore come una verità che soltanto adesso si sente di avere scoperto.

Lo studio della storia recente e remota di questi monti unitamente alla visione diretta ci consente una meravigliosa cavalcata nel tempo per il quale la misura più appropriata ci appare il millennio.

I geologi Cassetto, Colamonico, Dainelli, Ruhl ed altri hanno infatti individuato, attraverso lo studio della stratificazione delle rocce e degli elementi minerali, e dai fossili non solo l’ossatura del massiccio, ma anche la sua alterna vicenda, grandiosa nell’infinito svolgere del tempo, della sua emersione durante il cretaceo al suo abbassamento e risollevamento dal mare durante tutta l’era terziaria fino all’attuale rivestimento post pliocenico. Da qui con un balzo di 700 mila anni, attraverso l’epoca glaciale, si passa all’ultima preistoria italica.

Partendo dall’epoca più a noi vicina, dell’ultimo conflitto mondiale, il Matese conserva le sue caratteristiche di isolamento e di bastione di rifugio invalicabile per tutti.

Al tempo del brigantaggio nasconde e rende invulnerabili pericolosi fuorilegge i quali vi si installano con bande che hanno toccato i 500 elementi, come quando su di esso spavaldamente dominava il bandito Giordano.

Ai misfatti dei banditi si alternano le glorie della legione matesina che eroicamente si batte nelle aspre lotte per il risorgimento nazionale; intorno al 1100 dilagano in Terra di lavoro e sul Matese nutrite schiere di cavalieri normanni, che introducono nella zona il feudalesimo.

Federico II dona il lago ed il Campo Maggiore all’abate di Vairano. Il feudalesimo è però del tipo patriarcale e benevolo, che rende possibile anche un comune rustico: l’Università.

Il nuovo regime lega alla zona il nome e la storia di alcune grandi famiglie e dignitari quali i Pandone a Boiano e Prata, i Sanframonti ed i Carafa ad est, l’abate di San Salvatore ed i Gaetani a sud. In questo periodo viene attuata la divisione netta del massiccio fra la Contea di Molise ed il Giustizierato di Capua.

E poi ancora più lontano nel tempo, come in una zumata alla rovescia, vediamo muovere i primi passi al Cristianesimo già organizzato intorno al IV°, V° secolo nei Vescovati di Alife, Boiano, Isernia, Telese. In quest’epoca nasce il nome di Matese di probabile radice greca ma dal significato oscuro.

Intanto le zone matesine si frazionano e vi si insediano in zone distinte gli Sculdasci del Duca di Benevento ed Gastaldi del Re d’Italia. Su di esso trovano asilo nuclei etnici balcanici e di rito greco, nonché i saraceni; mentre il Monachesimo vi si diffonde e fa sentire di sé benevola influenza. Da un monastero sorge infatti San Gregorio e da un altro – la Cingla di Ailano – esce uno dei primi documenti del volgare italiano ed ancora ad un altro monastero – San Salvatore di Telese – si ferma nel 1098 San Anselmo d’Aosta e vi pensa l’opera “Cur deus homo”.

Ma la storia del massiccio, come si è detto, è ultra millenaria e comincia ad apparire intellegibile già intorno al 2000 avanti Cristo, in corrispondenza dei primordi della civiltà italica. In quell’epoca, infatti, il massiccio compatto ed isolato aveva già assunto la caratteristica specifica che lo distinguerà sempre: funzione duplice di isolamento e difesa. Già in quell’epoca nascevano alle sue pendici presso gli attuali agglomerati urbani di Boiano, Cerreto, Isernia, Letino, Longano, Morcone, Roccamandolfi, Sepino, villaggi di pastori indoeuropei.

I prodotti di questo periodo – l’arma e l’utensile di selce levigata, il vaso ad impasto e l’abbozzo di scultura – ci mostrano un’arte indubbiamente primitiva ma pur sempre volonterosa.

Le murazioni megalitiche poi, ci riconducono agli urti ed alle lotte, di cui poco si conosce ma che certamente ebbero a movente la difesa dei pascoli ed il controllo delle pianure periferiche.

Ventisette secoli or sono arrivano in Campania i primi coloni greci, influenzando con il fascino dell’Ellade gli italici della pianura. Ad essi, però, ostinatamente resistettero gli abitanti del monte.

Il Matese, infatti rappresentava veramente il bastione dell’Italia montuosa, povera e conservatrice, avviandosi fatalmente, ad assumere l’espressione più viva di un contrasto economico che si sarebbe ben presto trasformato in ideologico.

Tra il quinto e il sesto secolo avanti Cristo nascono e si consolidano alle sue falde le città sannitiche di Isernia, Alife, Boiano, Sepino e Telese che eleggono i loro capi in assemblee popolari. Questi centri vivono indipendenti e si dividono il Matese secondo i naturali displuvi, dando così origine a divisioni territoriali che, mantenute da Roma, si perpetueranno fino ai nostri giorni nelle circoscrizioni vescovili.

Intanto arrivano i romani i quali riescono a piegare i Sanniti solo dopo dure ed aspre lotte durate oltre mezzo secolo; si combatte tra le giogaie del Matese ed è questo il periodo epico della sua storia.

Nel 325, conquistata Alife, vi salgono le legioni romane dirette a Bovianum Vetus, ma la loro marcia viene arrestata. Nel 310 ritenta l’impresa Caio Marcio Ruvilio ma anch’egli è ricacciato in basso; nel 307 vi sale il console Quinto Fabio Rulliano, il quale in un allucinante inseguimento notturno vi semina morte e devastazione.

Sono questi gli anni ruggenti dell’epopea selvaggiamente eroica di un popolo che non vuole morire, immortalati da Tito Livio, il quale dà al massiccio il primo nome storico: “Tifernus mons”, e dalle popolazioni matesine viene espresso quel grande condottiero che fu Ponzio Telesino, il quale nel 321 inflisse ai romani la feroce umiliazione delle forche Caudine.

Nel 217 Annibale passa per Alife, mentre Fabio Massimo lo sorveglia dal Monte Cila a Faifola.

Segue poi la guerra sociale ed anche questo volta il Matese tiene alta la bandiera della rivolta e fornisce capi come Pompedio Silone e Ponzio, entrambi di Telese. Finalmente cessano le guerre nella penisola, l’amministrazione dei municipi è pacifica ed il Matese, compreso da Augusto nella quarta regione italica, risulta, ormai, così diviso: Boiano e Telese sono città federate, Isernia è colonia latina, Alife e Sepino ed in seguito Altilia, sono soltanto colonie militari ed il loro territorio è “ager publicus” dei romani.

Veterani di Scipione e plebei romani si trapiantano nella zona, si sviluppa l’agricoltura e l’allevamento transumante, il commercio del legname, e, per la prima volta il massiccio è attraversato da una strada.



IL MATESE, ASPETTI GEOGRAFICI, ED ECONOMICI, PRODOTTI DELL’AGRICOLTURA E DELLA SILVICOLTURA, ALLEVAMENTI, INDUSTRIE, VIABILITA’



Il Matese si estende gra i fiumi Volturno, Tammaro, Calore e Biferno – a confine con l’Abruzzo – per molti chilometri quadrati con fossi e penditici. La sua vetta più alta è Monte Miletto (Mons Militum) di m. 2.050. Si arricchisce inoltre del lago omonimo della circonferenza di km, 12 ubicato in un altopiano a quota 1007 m. alle falde dell’Esule, della Gallinola e di Monte Miletto.

Il perimetro dell’intero massicci montano misura 200 km. ed ha una estensione di oltre 100 mila ettari, pari a quella della Sila. Di detta superficie kmq 381 con 17 centri abitati ricadono nel versante campano e km 359 con 13 centri abitati nel settore Molisano.

I rilievi di maggiore importanza sono costituiti da: Campo dell’Acero m. 1580; Monte Acerone m. 1525; Colle del Monaco m.1708;Monte della Gallinola m.1923; Piano della Corte m. 1624: Monte Porco m. 1611; Monte Santangiolillo m. 1206; Monte Monaco m. 1372.



GEOPEDOLOGIA. Molto vario dal punto di vista geologico, il massiccio del Matese è costituito da terreni appartenenti a quattro ere geologiche. Vi prevalgono i calcari a rudiste, che conferiscono all’ambiente una fisionomia prettamente carsica; ciò nonostante esso è ricco di sorgenti di acqua. Inoltre sono presenti calcari dolomitici del cretaceo, calcari con frammenti di rudiste delll’Eocene, scisti argillosi e calcari dell’Eocene, depositi alluvionali del Quaternario antico – costituiti prevalentemente da ciottolati scilolti – depositi alluvionali del Quaternario recente, tufi terrosi di origine eolica del vulcanico.

Notevole ne risulta, di conseguenza, la varietà dei terreni. Le terre rosse, originatesi dal disfacimento climatico del calcare, costituenti il substrato roccioso, sono le più estese, ed a causa dell’acclività della loro giacitura, esse sono soggette ad erosioni e dilavamenti con asportazione delle strato umifero.

Notevole la posizione geografica centrale del Matese. Esso infatti è posto al valico fra fertili zone del Sannio e della Campiania, con alle falde corsi d’acqua di un certo rilievo, quali il Volturno, il Biferno, il Calore ed il Tammaro. […]

PRODUZIONI MONTANE E FORESTALI. Nella vita economica della montagna Matesina, la produzione forestale occupa il primo posto. La superficie boschiva complessiva è di oltre 40.000 ettari con una produzione di circa 100 mila mc di legname […]. A tale produzione concorre il versante campano per circa 70 mila mc, da una superficie di 30 mila ettari e per oltre 25 mila mc. da una superficie di circa 10 mila ettari quello molisano.

[…]

ACQUE. L’estesa area silvicola del Matese e la formazione geologica di esso hanno conferito a questa montagna una naturale ricchezza di acque sorgive.

Le sorgenti scaturiscono tutte ai piedi del Matese e si riuniscono, dopo breve percorso, poco a monte di ponte della Fiumara per formare il fiume Biferno.         […]



TURISMO: REALTA’ E PROSPETTIVE

Il Matese presenta notevoli attrattive artistiche, religiose, culturali, panoramiche, climatiche e terapeutiche tali da sollecitare l’interesse di rilevanti correnti di turisti e amatori della natura.

Il Matese è situato a breve distanza da Napoli e Roma ed in ciò è la sua particolare importanza e la sicura prospettiva di un suo sviluppo economico e turistico.

Per indicare qualche qualifica del valore ricreativo e terapeutico del Matese riportiamo il giudizio dell’eminente geografo prof. Colamonico che lo considerava: “fra tutte le montagne dell’Italia meridionale quella che ha un interesse turistico maggiore per la varietà dei suoi paesaggi, per la presenza dei fiumi che si inabissano e di masse d’acqua che sis raccolgono in laghi; per il ricco mantello di nevi di cui di solito si ricopre d’inverno, per il retaggio di tradizioni e di remote consuetudini di vita che ancora si conserva in alcune delle sue popolazioni”. […]

Il Matese offre una serie di amenissime alture digradanti a ripiani dai 2050 m. del Monte Miletto al 700 m. del versante molisano, fino ai 200 m. di quello campano.

Panorami imponenti, sospesi fra il sogno ed una indimenticabile realtà. […]

Anche i nomi delle località matesine non mancano di suggestione. Il nome Matese potrebbe derivare dalla divinità italica Matuta, simboleggiante la luce mattutina e tra quella delle strade dei monti, delle sorgenti si notano toni silvestri e paesani, quali Vallocchie dell’Orso, Gallinola, Prete Morto, Parco dell’Amore, Serra delle tre finestre, Parco delle Giumente, Acqua dell’Esule, sulla scia di favole, episodi cruenti ed agresti, leggende e storie romanzate, espressioni tutte di un’antica vena poetica corale.

A Piedimonte si notano mura ciclopiche e tracce di un villaggio preistorico e l’Acropoli. Poche iscrizioni e tracce di antichi acquedotti. Sul Matese esistono anche tracce di una antica strada assai rozzamente basolata, che taglia trasversalmente l’altopiano, diretta verso Guardiaregia, lungo le pendici del Passo delle Giumente. Secondo il Maiuri questa strada è forse uno dei primi esempi di strada di altra montagna dell’Italia meridionale. Avanzi di castelli e rocche feudali, a Prata, a Capriati, a Valle Agricola, a Castello d’Alife, a Roccamandolfi ed in altre pendici ubicate nel Matese.

[…]

FINE
Nino Amoroso, Attilio Capparelli

1 commento:

  1. la foto di Campitello Matese è stata presa dalla pista Cristallo da Barbara Bertolini

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